di N.H. Don Paolo Zampetti
Si tende unanimemente (e superficialmente) nell’accezione comune a considerare il Medioevo come un periodo negativo, percorso dai cosiddetti “secoli bui”, oscurantisti e poco portati al progresso.
In realtà notiamo che in questo millennio nacquero le Università, gli Ospedali, le Scuole Mediche come quella Salernitana, vi furono molti artisti come Giotto, l’architettura fu all’avanguardia e il monachesimo preservò la cultura degli Antichi.
Anche in campo odontoiatrico, sebbene pochi furono gli autori che si occuparono di tale disciplina nelle loro opere, chi lo fece espose in maniera molto chiara precetti sempre validi.
Arnaldo da Villanova (1235-1311), insegnante presso la Scuola di Montpellier, si occupò di odontoiatria preventiva, consigliando vari rimedi per evitare il dolore dei denti e delle gengive; consiglia di sciacquare frequentemente la bocca con un composto costituito da allume di rocca, salgemma, sale marino e masticare dopo i pasti rafano e corteccia di cedro. Per evitare l’estrazione dei denti cariati, consiglia l’uccisione del verme che ha provocato la carie; ciò si può effettuare immettendo nella cavità fumo di giusquiamo, pepe, oppio e miele bollente.
Guy de Chauliac (1300?-1368), uno dei più grandi chirurghi medioevali, studiò a Parigi e a Bologna prima di stabilirsi a Montpellier e ad Avignone, dove fu medico alla corte papale.
Scrisse la Chirurgia Magna, trattato ispirato ad Abulcasis, destinato ad essere un punto di riferimento per circa due secoli.
In esso viene dedicato molto spazio all’odontoiatria: dopo alcune nozioni di anatomia e fisiologia dentale, che appaiono tuttavia desunte dalle opere degli autori di scuola araba, non aggiungendo nulla di nuovo, il de Chauliac passa a descrivere il tipo di terapia: essa viene distinta in universale e particolare.
Nella prima vengono compresi tutti i presidii terapeutici allora in uso: purganti, salassi, norme igieniche quali evitare i cibi troppo caldi e troppo freddi, quelli facilmente putrescibili come pesce e latticini, lavarsi i denti dopo mangiato rimuovendo i detriti di cibo.
La cura particolare, invece, deve essere effettuata da un barbiere che abbia esperienza odontoiatrica ma sotto le indicazioni e la supervisione di un medico.
Per la cura dell’odontalgia si raccomanda di cercare sempre di distinguere la provenienza del dolore; vale a dire se è dovuto al dente stesso o alla gengiva; se il dolore proviene da un dente cariato è necessario lavare con acquavite o con un decotto a base di menta, melissa, salvia, pepe, piretro.
La fase successiva consiste nel praticare un’otturazione con un composto costituito da mastice, mirra, zolfo, canfora, cera e ammoniaca.
Pietro d’Argelata (m. 1433) scrisse un trattato in sei libri, nei quali viene dato molto spazio all’odontoiatria, pur riprendendo i concetti già espressi da Avicenna e da Abulcasis.
Attribuisce molta importanza all’igiene del cavo orale, raccomanda pertanto l’uso di dentifrici a base di piretro e raccomanda l’asportazione, mediante strumenti corretti, del tartaro, che considera estremamente dannoso.
Michele Savonarola (1384-1412), fu uno dei più noti chirurghi medioevali non solo italiani ma anche europei.
Nativo di Ferrara, nonno del frate domenicano Girolamo, fu professore di Medicina presso l’Università di Padova, città nella quale concluse la sua esistenza.
Fu autore di numerose opere, la più famosa delle quali è il trattato di chirurgia Practica Maior, pubblicato postumo nel 1486, dove viene dato ampio risalto all’odontoiatria.
Nella prefazione l’autore afferma infatti di “aver avuto molto pensiero vedere praticare la cura dei denti da barbieri o da volgari mestieranti delle piazze”; fu pertanto fra i primi a sostenere l’elevazione dell’odontoiatria che deve essere considerata una branca della medicina; ribadisce la fondamentale importanza della conoscenza anatomica della bocca e dei denti e delle varie patologie che possono interessare l’apparato stomatognatico, con i rimedi terapeutici medici e chirurgici.
Savonarola attribuisce molta importanza alla prevenzione: consiglia di evitare i cibi troppo caldi o troppo freddi, di non usare i denti per rompere cibi od oggetti duri, di non masticare da una sola parte, di evitare cibi dannosi quali il porro, il rafano, le radici ed i cibi putrescibili.
Raccomanda di sciacquare sempre i denti dopo mangiato e rimuovere i detriti di cibo con piccoli stecchi di legno o con penne di volatile; dopodichè è utile operare sfregamenti con legno di aloe, mirto, moro e olio di rosa. Due volte al mese è utile sciacquare la bocca con collutori a base di radice di titimalo.
Per quanto concerne l’odontalgia propone vari rimedi, quali l’applicazione topica di collutori caldi a base di aceto, ammoniaca ed altea o a base di vino, pepe, origano e mirra.
Se tale cura non è sufficiente, andrebbe abbinata alla flebotomia o alle purghe. Altri presidi terapeutici sono: l’uso dei collutori, da tenere in bocca per lungo tempo, a base di corno di cervo, radice di cocomero, aceto di vino; i gargarismi, preparati con olio, piretro, uva passa; dopo averli praticati è necessario tenere la bocca aperta perché con la saliva escono le umidità nocive ai denti; i linimenti, composti da seme di pesca, pepe, cedro e miele; le evaporazioni, da praticarsi due ore prima di ogni pasto, con camomilla, miglio, malva.
Giovanni d’Arcoli (1412-84), noto anche come Arcolano, professore di logica, filosofia, medicina prima a Bologna e poi a Padova, si occupò diffusamente, nel suo trattato Practica medica seu expositio vel commentarium in nonum Rhazis ad Almansorem libri delle patologie del cavo orale.
Come già il Savonarola, anche il d’Arcoli attribuisce molta importanza all’igiene orale; è necessario evitare cibi troppo caldi o troppo freddi, quelli ad alto contenuto di zuccheri come i fichi, il miele e le marmellate, evitare che permangano per molto tempo residui di cibo fra un dente e l’altro.
Dopo aver mangiato bisogna pulirsi i denti con un pezzo di legno tenero, non appuntito né scheggiato, di cipresso, di rosmarino o di ginepro.
Facendo queste manovre, però, occorre guardarsi di non agire troppo in profondità né irritare le gengive, che possono facilmente infiammarsi.
Effettuata la pulizia è indispensabile risciacquare la bocca con un collutorio a base di decotto di salvia, cannella, semi di ginepro, foglie di rosmarino e radice di ginepro.
Per quanto concerne l’odontalgia l’autore distingue il dolore dentale propriamente detto da quello gengivale; per cui, per fare qualsiasi tipo di diagnosi, è necessario osservare bene le gengive dell’individuo, vale a dire se esse appaiono tumefatte, sanguinolente, suppurate o con fuoriuscita di pus.
In questi casi la terapia è volta al ripristino funzionale della lesione gengivale, con i rimedi già proposti da Avicenna e dal Savonarola.
Come si vede concetti molto interessanti, che furono la base per gli Autori di secoli successivi e che, depurati dall’inevitabile empirismo, consentirono in un certo senso l’evoluzione di una disciplina che fino ad allora era stata negletta.