di N.H. Don Fabrizio Valerio Bonanni Saraceno (Consigliere dei Duecento),
Lettera di risposta all’Enciclica “Indagine sui Valori Umani”
La degenerazione culturale che stiamo vivendo in questo surreale periodo storico nasce dall’esaltazione del concetto razionalistico, esasperato nella sua esaltazione della ragione. Ogni settore culturale è minato e compromesso da questa idealizzazione della razionalità costruttivistica, secondo la quale la ragione è infallibile, un retaggio culturale di quella deriva giustizialista e violenta della rivoluzione francese (vedi il giacobinismo) che sostituì il dio religioso con il dio della ragione, scivolando nell’abisso utopistico secondo il quale la ragione è infallibile, negando così la vera natura della stessa ragione, che si fonda sulla consapevolezza che nulla è infallibile.
Questo concetto di infallibilità attribuita alla ragione, ha portato a una progressiva cieca analisi dei fenomeni sociali e quindi umani, a tal punto da adattare le proprie teorie razionalistiche alla realtà, violentando la stessa natura ed i suoi fenomeni evolutivi, portando alla più grande aberrazione filosofica c culturale dell’idealismo, da cui sarebbero poi sorte le più grandi tragedie del novecento, come il marxismo, il socialismo reale, il nazismo e tutte quelle dottrine politiche improntate sull’infallibilità della ragione a scapito dell’ordine spontaneo, ossia di quella fonte primaria dell’evoluzione e del progresso sociale ed economico.
Ormai è evidente quanto questa deriva collettivistica si celi dietro la concezione razionalistica costruttivistica, una concezione che mortifica l’uomo nel suo individualismo e quindi nella sua capacità riflessiva e nella sua capacità di liberarsi dal pensiero unico.
Infatti, proprio nel risveglio laico del pensiero speculativo, fondato sull’osservazione e la continua sperimentazione e consapevolezza che non esiste una verità immutabile, ma che ogni scoperta è valida solamente se verrà superata da un’altra, come accadde con l’Umanesimo, risorse l’uomo dall’oscurantismo del potere temporale della Chiesa.
Proprio con la nascita dell’ Umanesimo è rinato il diritto, riprendendo il “Corpus Iuris Civilis Iustinianeum” (529-534), che permise a sua volta la nascita del Mercantilismo e creò una societas nova, dove la nascita degli stessi Comuni rappresentò la resurrezione laica dell’Homo Faber dell’Umanesimo, che fu il prodromo di ciò che sarebbe poi diventato l’uomo rinascimentale.
La storia insegna che là dove la società è governata dalla nobiltà che rompe il giogo tra l’assolutismo reale e la plebe, quella stessa società diventa evoluta, trasformando la plebe in popolo e l’assolutismo reale in governo dei migliori, per meritocratiche qualità umane e quindi umanistiche.
Solo quando il governo della società sarà riconsegnato a coloro che conoscono e che quindi illuminano con il loro sapere, ossia alla nobiltà spirituale dell’Humanitas, non a caso il significante “nobile” deriva dal latino “nobilis”, propriamente “noto”, derivato di “noscere”, ossia “conoscere”, allora si ripristinerà il vero diritto, ossia quello naturale, quello della tradizione, sconfiggendo l’aberrazione dell’invadente, ingiusta e gigantesca legislazione, che invece di riflettere le esigenze in continua evoluzione della società, partendo dalla tradizione e dai suoi principi cardini, impone i suoi paradigmi, molto spesso anacronistici, collettivistici e quindi illiberali.
Solo affidandoci ai migliori, agli spiriti nobili, ossia ai custodi della tradizione, dei principi umanistici, consegneremo la nostra storia alle generazioni future.
Il segreto è nella stessa etimologia del significante “tradizione”, dal latino “traditio”, ossia “consegna”, la consegna ai posteri dei valori e dei principi umanistici da cui attingere insegnamenti per continuare a progredire e a far evolvere la società.