di Maurizio Guarino di Onara, Marchese di Valdichiana Senese.
I dati che arrivano sono allarmanti e dipingono un quadro alimentare molto preoccupante.
Si calcola che circa 2,5 milioni di persone in Italia sono state costrette a chiedere aiuto per il cibo da mangiare e sono oltre la metà dei 5 milioni di residenti che, secondo l’Istat, si trovano in una condizione di povertà assoluta.
114mila cittadini si sono serviti delle mense dei poveri a fronte di 2,55 milioni che invece hanno accettato l’aiuto dei pacchi di cibo sulla base dei dati sugli aiuti alimentari distribuiti con i fondi Fead attraverso dall’Agenzia per le Erogazioni in Agricoltura (Agea).
Tra le categorie più deboli tra questi cittadini indigenti ci sono 455mila bambini di età inferiore ai 15 anni, quasi 200mila anziani sopra i 65 anni e circa 100mila senza fissa dimora. Contro la povertà – continua la Coldiretti – si attiva la solidarietà con molte organizzazioni attive nella distribuzione degli alimenti, dalla Caritas Italiana al Banco Alimentare, dalla Croce Rossa Italiana alla Comunità di Sant’Egidio. E si contano ben 10.607 strutture periferiche (mense e centri di distribuzione) promosse da 197 enti caritativi impegnate nel coordinamento degli enti territoriali ufficialmente riconosciute dall’Agea che si occupa della distribuzione degli aiuti.
L’altra faccia della medaglia, sempre di primaria importanza, è l’inquinamento prodotto dal trasporto dei generi alimentari su tutto il territorio nazionale.
I prodotti che solitamente troviamo, subiscono numerosi passaggi di lavorazione e percorrono diversi chilometri prima di essere acquistati. I prodotti vengono lavorati, confezionati, passano attraverso intermediari, trasportatori ed altri soggetti ed infine vengono immessi nel circuito della grande distribuzione organizzata. Tutto ciò costituisce un ulteriori costo che influisce inevitabilmente sul prezzo finale del prodotto.
Per non parlare dell’impatto ambientale.
Tutti questi passaggi, soprattutto nel caso di prodotti provenienti da molto lontano, producono notevoli emissioni di gas serra e vari inquinanti emessi per il trasporto e per la refrigerazione.
L’unica soluzione percorribile per affrontare sia il problema della denutrizione delle fasce deboli, sia per combattere il gas serra è il Km0.
Perche?
- Qualità: acquistando direttamente dal produttore, è possibile verificare i metodi produttivi, la stagionalità e l’assenza di prodotti chimici che ne stimolino la crescita;
- sapori e profumi: senza la chimica che forza la crescita, è possibile gustare nuovamente i sapori e sentire i profumi che un tempo avevano i prodotti delle campagne;
- costi: se da un lato è vero che le produzioni sono meno redditizie, dall’altro l’assenza dei costi di intermediazione, marketing e trasporto abbassa il costo finale del prodotto;
- sostegno all’economia locale e reale: spendendo nelle aziende del territorio, invece, si alimenta l’economia locale;
- eco-sostenibilità: meno trasporti, imballaggi ridotti e scarso utilizzo di prodotti chimici, si traducono in una maggiore eco-sostenibilità dei prodotti che portiamo sulle nostre tavole;
- zone più critiche: andare nella direzione di un’autarchia alimentare per sostenere le fasce deboli.